“Liberi di essere liberi”, oltre al titolo del corto, potrebbe essere lo slogan di tante associazioni che da anni si battono per il suicidio assistito ovvero l'aiuto medico e amministrativo portato a un soggetto irreversibilmente malato che ha deciso di morire tramite suicidio somministrandosi le sostanze necessarie in modo autonomo e volontario. Diversamente dall’eutanasia, il suicidio assistito è compiuto interamente dal soggetto stesso nella libera consapevolezza che quel gesto estremo potrebbe consentirgli di raggiungere un assoluto bene personale.
Questo corto teatrale affronta quindi un tema oggetto di forte dibattito internazionale, sia per questioni di natura religiosa sia per questioni di natura etica. In alcune nazioni, tra le quali la Svizzera il suicidio assistito è permesso a patto che la persona che vuole accedere al suicidio assistito sia in condizioni di "sofferenza inguaribile", adeguatamente informata sulle alternative e capace di intendere e volere. Invece, in Italia manca ancora una legge specifica anche se dopo il caso di Dj Fabo, la Corte costituzionale con la sentenza n. 242 del 25 settembre 2019, ha derogato l’applicazione dell’art. 580 del Codice penale, non considerando “istigazione al suicidio”, per chi assiste nell’estremo gesto autonomo e consapevole chi versa in determinate condizioni di infermità irreversibile, previo parere di un apposito comitato etico.