Oggi, come ieri, la paura più grande per l’uomo è la “morte”. Ma la morte non può essere definita se non in relazione alla definizione di “vita”. Il momento del trapasso dalla “vita” alla “non-vita” è stato, è e sarà il mistero più misterioso dell’umanità. Ma come diceva Benedetto Croce: “La morte non è un problema. Il vero problema è la vita". Normalmente l’uomo, consapevole che essa prima o poi arriva, non si lascia condizionare dalla inevitabilità della morte e s’impegna a vivere travolto dalle angosce della vita. E tra queste, l’angoscia maggiore per l’essere umano è rappresentata proprio dalla fondata paura di morire. Il timore della fine della propria esistenza sulla Terra per una guerra, una pandemia o un’altra qualsiasi sciagura mortale fa precipitare l’uomo in un baratro di insicurezza che lo immobilizza fino a quando la “morte”, come estrema ratio, diventa certa ed imminente. A tale consapevolezza, l’uomo reagisce più o meno razionalmente diventando nuovamente padrone della propria “vita”. Libero cioè di scegliere di vivere in attesa di morire.